HOME La Medicina della Donazione di Organi e Tessuti per Trapianto - criteri e strumenti per esercitarla
di Giuseppe Bozzi e Annarosa Saviozzi (estratto dalla relazione al II Congresso SISQT di Napoli nel maggio 2010)
Sempre più spesso siamo andati incontro a problematiche a carattere clinico, epidemiologico, relazionale e organizzativo e di gestione del rischio, a cui era necessario dare una risposta, il più possibile esaustiva, che avesse i caratteri di oggettività e scientificità, per cui si è cercato di ordinare il complesso delle conoscenze acquisite in tema di donazione di organi e tessuti per trapianto in un “corpus” che è diventato il riferimento di ciò che definiamo una nuova disciplina specialistica. Crediamo che, come tutte le scienze, anche la Medicina della Donazione trovi ispirazione da un’esigenza che in questo caso consiste nel colmare un vuoto di sapere che sta a fronte della medicina dei trapianti e della chirurgia dei trapianti. Riteniamo, infatti, poco sostenibile che un sistema ad alta complessità come quello trapiantologico possa avere come interfaccia un settore, quello della donazione, che pur essendo “la fonte” dalla quale scaturiscono molte delle attività connesse ed integrate con il trapianto, non si avvalga di una forte organizzazione delle attività proprie e una robusta strutturazione sul piano scientifico. Tra le prime considerazioni fatte, la principale è che la donazione non si “raccoglie” ma si “costruisce” mediante l’applicazione dei criteri e l’uso degli strumenti propri della Medicina della donazione. Altra considerazione, conseguenza della prima, è quella relativa al modo di approccio al percorso donativo che (secondo lo schema che ci aveva consegnato l’applicazione della prima fase attuativa della L. 91/99 in tema di donazione) avveniva “per fasi” per cui si considerava il percorso come un succedersi di fasi conseguenti, delle quali l’ultima è quella che corrisponde alle operazioni di prelievo, non considerando pienamente l’interazione delle fasi tra loro e con un sistema di rete che le contiene e le coordina. Ci siamo, quindi, resi conto di come l’approccio “ per fasi ” fosse troppo orientato all'interno dell’ attività donativa e quindi inadatto al livello di complessità del sistema donazione/trapianto; che il miglioramento di una fase, anche se importante del percorso, non sia sufficiente al miglioramento complessivo; che l'insieme sia troppo articolato e complesso per tollerare ritardi nel miglioramento. Inoltre nell’esame del percorso “per fasi” molto spesso si rischia di incorrere in un'analisi empirica e/o parziale dei dati che condiziona le operazioni successive che sono diretta conseguenza dell'analisi iniziale. In pratica si potrebbe far prosperare metodologie individuali, soluzioni disomogenee, scarsa o nulla condivisione delle problematiche e insufficiente scientificità e obiettività. Il risultato in termini pratici può essere la stagnazione dell’attività donativa su livelli magari buoni ma non ottimali. Alla luce di ciò riteneniamo di dover modificare l’approccio al percorso facendo ricorso ad una organizzazione di rete che consenta un nuovo e più approfondito modo di conoscere il processo ( analisi “per processo” ) che tenga di conto degli strumenti e dei criteri che la Medicina della Donazione mette a disposizione. A facilitare l’innovazione, sul piano operativo le indicazioni fornite dalla Conferenza Stato regioni 21 marzo 2002 “Linee Guida per Uniformare le attività di Coordinamento in ordine al reperimento di organi e tessuti in ambito nazionale”3.1,b, che consentono l’individuazione di strutture dedicate alle attività di donazione. Gli assi portanti dell’organizzazione corrispondono agli ambiti professionali di competenza della medicina della donazione, vale a dire quelli a carattere clinico- epidemiologico- gestionale – relazionale e organizzativo. I Coordinamenti locali della Donazione, i Referenti delle UTI e dei Servizi sanitari e non, che rappresentano il connettivo dell’organizzazione, devono operare, in ambito locale e regionale, in modo integrato utilizzando ( a prescindere dal proprio dimensionamento che è variabile in base alla maggiore o minore articolazione del nosocomio di appartenenza) gli stessi strumenti e gli stessi criteri in un ottica di medicina della donazione. Abbiamo prima ricordato come l’applicazione dei criteri della medicina della donazione debba comportare alcune radicali innovazioni all’analisi del percorso, la prima tra tutte è la programmazione dell’organizzazione della donazione “per processo” e non “per fasi” e la conseguente valutazione d’insieme dell’organizzazione secondo criteri di qualità. L’innovazione che a prima vista può apparire solo “concettuale” di fatto è solo “sostanziale”, poiché considerare il percorso come un susseguirsi di fasi riporta al concetto di donazione “raccolta” e quindi in qualche modo ottenibile in un contesto anche non fortemente organizzato e consolidato, mentre lo svolgimento di attività cliniche che hanno come risultante della loro integrazione e del loro coordinamento il prelievo degli organi e tessuti, riporta al concetto di donazione “costruita” secondo criteri espressi dalla medicina della donazione. Secondo questi criteri scientifici la donazione non inizia con la fase della individuazione del potenziale donatore ma con l’analisi del contesto sia strutturale che organizzativo, con il calcolo del potenziale generativo di potenziali donatori (che sta alla base del procurement in una determinata Azienda Sanitaria, in un’ Area vasta, in una Regione) con un rigoroso e specifico monitoraggio di tutti i decessi, con gli studi clinico- epidemiologici mirati, con l’ individuazione e calcolo di indicatori specifici, di fase, di processo e di performance, con la predisposizione di procedure condivise e accreditate, con una gestione del rischio clinico, con una formazione mirata e specifica. E’ altresì necessario prevedere la costruzione di una rete organizzativa concentrica che consenta la migliore valutazione d’insieme dell’organizzazione secondo parametri di qualità e sicurezza e di verifica retrospettiva. Anche l’aspetto relazionale del percorso, che viene comunemente definito “relazione d’aiuto” alle famiglie dei pazienti deceduti in ME o ACR, nell’ambito della quale viene verificata la disponibilità alla donazione, non può essere visto come singola fase da affidare a personale non esperto e non specifico, poiché oltre all’aspetto comunicazionale vi è quello fortemente carico di una valenza sanitaria, come la raccolta di dati clinico‐anamnestici che possono anche andare a modificare il livello di rischio del potenziale donatore. Da quanto sopra, a nostro avviso, si evince come la Medicina della donazione si configuri come la scienza che studia, in modo globale e integrato, tutte le tematiche cliniche, organizzative, gestionali, statistico epidemiologiche e relazionali, connesse all’attività di donazione e prelievo di organi e tessuti e come l’operatore, medico o infermiere, esperto in medicina della donazione, eserciti un’ attività sanitaria specialistica propria e di consulenza per altre discipline.
Secondo la nostra esperienza altri tentativi parziali, intrapresi per risolvere i problemi connessi con il procurement di organi e tessuti, che esulino da un contesto globale di medicina della donazione, potrebbero solo rappresentare dispendiose e inefficaci scorciatoie.
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